CELEBRIAMO CON PAROLE NUOVE

La nuova traduzione del Messale

Dalla prima domenica di Avvento su tutti gli altari delle chiese del Triveneto ci sarà un libro nuovo per celebrare la Messa. Ci accorgeremo di questa novità perché alcune parole che siamo soliti sentire e dire insieme saranno un po’ diverse dal solito. Ad esempio, non diremo più nel Padre nostro “non ci indurre in tentazione” ma “Non abbandonarci alla tentazione” e quando a Natale riprenderemo a cantare il Gloria non diremo più “agli uomini di buona volontà” ma “agli uomini, amati dal Signore”. Il motivo di questi cambiamenti sta nel desiderio dei vescovi italiani di mettere a disposizione delle comunità non tanto dei testi nuovi ma più adeguati, più rispettosi della celebrazione e dell’assemblea, più aderenti alle parole nella loro lingua originale. Le parti della Messa tratte dalla Bibbia, infatti, ora avranno la stessa traduzione dei testi che ascoltiamo durante la Liturgia della Parola, ossia la traduzione del 2008: altre modifiche invece saranno più attente al vero significato del testo dell’edizione principale del Messale, che è in latino e fa da modello per tutte le traduzioni in altre lingue. La nuova edizione del Messale poi ha un’introduzione completamente nuova, con diversi approfondimenti e indicazioni per meglio vivere la Celebrazione eucaristica: vi si trovano approfondimenti sui ruoli, le modalità e lo stile di tutti i vari ministeri (presidente, diacono, lettore, ministrante, cantore, ministro straordinario della Comunione, il sacrista,…) come pure sul canto liturgico e altri aspetti. Si tratta di un abbondante materiale a disposizione dei gruppi liturgici e dell’intera comunità per la formazione e la preghiera. Il Messale, come il Lezionario da cui vengono proclamate le letture o l’Evangelario da cui viene proclamato il Vangelo, è un libro della comunità e non solo dei presbiteri, uno strumento per celebrare insieme la fede. Avere a disposizione una nuova edizione offre l’opportunità per rinnovare e rilanciare la vita liturgica dell’intera comunità cristiana.

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Come la preghiera del “Padre Nostro”

Padre, pane, perdono: tre “P” divine; da Avvenire 22 giugno 2018

Il “Padre Nostro” insegnato da Gesù ai discepoli, secondo il racconto dell’evangelista Matteo, è stao lo spunto dell’omelia del Papa ieri. Nella Messa celebrata al gremito Palexpo di Ginevra Francesco si è concentrato su tre parole. La prima è stata “Padre”, ricordando che è “la chiave di accesso al cuore di Dio”, perché solo dicendo Padre preghiamo in “lingua cristiana”: non un Dio generico, ma Dio che è anzitutto Papà”. Così “Padre Nostro” è “la formula della vita, quella che rivela la nostra identità: siamo figli amati”. E dicendo “Padre Nostro” siamo chiamati “a darci da fare perché non vi sia indifferenza nei riguardi del fratello, di ogni fratello: del bambino che ancora non è nato come dell’anziano che non parla più, del conoscente che non riusciamo a perdonare come del povero scartato°.

“Pane” è stata la seconda parola. “Il pane è anzitutto il cibo sufficiente per oggi, per la salute, per il lavoro di oggi; quel cibo che purtroppo a tanti nostri fratelli e sorelle manca”. Per questo Bergoglio ha detto con forza “guai a chi specula sul pane! Il cibo di base per la vita quotidiana dei popoli dev’essere accessibile a tutti”. Chiedere il pane quotidiano è dire anche: ”Padre, aiutami a fare una vita più semplice”. La vita è infatti diventata “tanto complicata”, “per molti è come “drogata”, si corre dal mattino alla sera, tra mille chiamate e messaggi, incapaci di fermarsi davanti ai volti, immersi in una complessità che rende fragili e in una velocità che fomenta l’ansia”. “Scegliamo la semplicità del pane per ritrovare il coraggio del silenzio e della preghiera, lievito di una vita veramente umana. Scegliamo le persone rispetto alle cose, perché fermentino relazioni personali, non virtuali. Torniamo ad amare la fragranza genuina di quel che ci circonda”. “Quando ero piccolo, a casa – ha ricordato Francesco – se il pane cadeva dalla tavola, ci insegnavano a raccoglierlo subito e a baciarlo”. Ma il Pane quotidiano è soprattutto Gesù, che spesso riduciamo a un contorno”, ma “se non è il nostro cibo di vita, il centro delle giornate, il respiro della quotidianità, tutto è vano”.

Infine “perdono”: “Dio ci libera il cuore da ogni peccato, perdona tutto, tutto, ma una cosa chiede: che non ci stanchiamo di perdonare a nostra volta. Vuole da ciascuno un’amnistia generale delle colpe altrui. Bisognerebbe fare una bella radiografia del cuore, per vedere se dentro di noi ci sono blocchi, ostacoli al perdono, pietre da rimuovere. E allora dire al Padre: “vedi questo macigno, lo affido a te e ti prego per questa persona, per questa situazione; anche se fatico a perdonare, ti chiedo la forza per farlo”. (Red.Cath. Avvenire)