Dal 2005, l’Ufficio diocesano propone un itinerario di accompagnamento spirituale per persone in condizione di separazione coniugale o divorzio, secondo lo spirito bene espresso dal cardinale Tettamanzi nella sua lettera dal titolo “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito” ha scritto tra l’altro:
“Anzitutto voglio dirvi che non ci possiamo considerare reciprocamente estranei: voi, per la Chiesa e per me Vescovo, siete sorelle e fratelli amati e desiderati. E, questo mio desiderio di entrare in dialogo con voi scaturisce da un sincero affetto e dalla consapevolezza che in voi ci sono domande e sofferenze che vi appaiono spesso trascurate o ignorate dalla Chiesa.
Vorrei allora dirvi che la comunità cristiana ha riguardo del vostro travaglio umano. Certo, alcuni tra voi hanno fatto esperienza di qualche durezza nel rapporto con la realtà ecclesiale: non si sono sentiti compresi in una situazione già difficile e dolorosa; non hanno trovato, forse, qualcuno pronto ad ascoltare e ad aiutare; talvolta hanno sentito pronunciare parole che avevano il sapore di un giudizio senza misericordia o di una condanna senza appello. E, hanno potuto nutrire il pensiero di essere stati abbandonati o rifiutati dalla Chiesa.
La prima cosa che vorrei dirvi, sedendomi accanto a voi, è dunque questa: “La Chiesa non vi ha dimenticati! Tanto meno vi rifiuta o vi considera indegni”.
Mi vengono in mente le parole di speranza che Giovanni Paolo II rivolse alle famiglie provenienti da tutto il mondo in occasione del loro Giubileo nel 2000: “Di fronte a tante famiglie disfatte, la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato, ma piuttosto ad immettere nelle pieghe di tanti drammi la luce della parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia”.
E, allora, se avete trovato sul vostro cammino uomini o donne della comunità cristiana che vi hanno in qualche modo ferito con il loro atteggiamento o le loro parole, desidero dirvi il mio dispiacere e affidare tutti e ciascuno al giudizio e alla misericordia del Signore. In quanto cristiani, sentiamo per voi un affetto particolare, come quello di un genitore che guarda con più attenzione e premura il figlio che è in difficoltà e soffre, o come quello di fratelli che si sostengono con maggiore delicatezza e profondità, dopo che per molto tempo hanno faticato a comprendersi e a parlarsi apertamente”.
Ciò che caratterizza questo percorso durante l’anno pastorale 2010 – 2011 è condividere il proprio vissuto nella fraternità e confidenza, affinché nessuno si senta fuori dalla Chiesa, ma dentro ad essa grazie alla vicinanza, alla cura, all’accompagnamento.
Vorrei allora dirvi che la comunità cristiana ha riguardo del vostro travaglio umano. Certo, alcuni tra voi hanno fatto esperienza di qualche durezza nel rapporto con la realtà ecclesiale: non si sono sentiti compresi in una situazione già difficile e dolorosa; non hanno trovato, forse, qualcuno pronto ad ascoltare e ad aiutare; talvolta hanno sentito pronunciare parole che avevano il sapore di un giudizio senza misericordia o di una condanna senza appello. E, hanno potuto nutrire il pensiero di essere stati abbandonati o rifiutati dalla Chiesa.
La prima cosa che vorrei dirvi, sedendomi accanto a voi, è dunque questa: “La Chiesa non vi ha dimenticati! Tanto meno vi rifiuta o vi considera indegni”.
Mi vengono in mente le parole di speranza che Giovanni Paolo II rivolse alle famiglie provenienti da tutto il mondo in occasione del loro Giubileo nel 2000: “Di fronte a tante famiglie disfatte, la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato, ma piuttosto ad immettere nelle pieghe di tanti drammi la luce della parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia”.
E, allora, se avete trovato sul vostro cammino uomini o donne della comunità cristiana che vi hanno in qualche modo ferito con il loro atteggiamento o le loro parole, desidero dirvi il mio dispiacere e affidare tutti e ciascuno al giudizio e alla misericordia del Signore. In quanto cristiani, sentiamo per voi un affetto particolare, come quello di un genitore che guarda con più attenzione e premura il figlio che è in difficoltà e soffre, o come quello di fratelli che si sostengono con maggiore delicatezza e profondità, dopo che per molto tempo hanno faticato a comprendersi e a parlarsi apertamente”.
Ciò che caratterizza questo percorso durante l’anno pastorale 2010 – 2011 è condividere il proprio vissuto nella fraternità e confidenza, affinché nessuno si senta fuori dalla Chiesa, ma dentro ad essa grazie alla vicinanza, alla cura, all’accompagnamento.
Obiettivo è quello di offrire spazi ed opportunità di riconciliazione: con se stessi innanzitutto, con il coniuge e i parenti, con la comunità ecclesiale.
Questa iniziativa vuole essere condivisione di fede e ricerca di Cristo quale senso e speranza di vita piena e di felicità.