San Paolo scrivendo ai cristiani di Corinto dice che: “Se un membro della comunità soffre, tutti gli altri soffrono con lui” (1Cor 12,16).
Le parole di San Paolo si accostano benissimo sia alla famiglia quale “chiesa domestica”, che alla comunità cristiana in generale.
Molto spesso la malattia, oppure la sofferenza, vengono associate ad un castigo di Dio, dimenticandoci che Gesù ci descrive Dio come un Padre buono e misericordioso, un Padre che come tale non può desiderare il nostro male, anzi ci è sempre accanto con la sua provvidenza in ogni momento della nostra vita, e non per niente dopo il battesimo diveniamo suoi figli per sempre.
La malattia è frutto di una deficienza nel nostro organismo, e può essere causata da molteplici fattori, di origine genetica, ambientale, … o semplicemente dalla poca cura che prestiamo alla nostra persona (ad esempio, gli innumerevoli incidenti che vengono provocati sulle nostre strade).
Nella nostra famiglia l'avvento della mia malattia, (ma io non mi sento un “malato”), non ha mutato la nostra solidarietà parentale, anzi l’ha rinforzata. Soprattutto i nostri figli, nonostante la difficoltà che stanno vivendo, hanno dimostrato una grande maturità, ovviamente ciascuno a modo suo: chi è diventato iperprotettivo nei miei confronti e in quelli di sua madre, chi sentendosi molto responsabilizzato si è dato da fare per trovare presto un lavoro dovendo rinunciare però a molti suoi progetti, chi è ancora troppo giovane per fare qualcosa ma cerca di vivere non facendo finta che nulla è successo, ma rendendosi sempre presente e disponibile.
E a proposito di solidarietà, tutta la comunità cristiana e non solo, come scrive San Paolo, “soffre” anzi, direi, “ha cura di noi”. La cura è quel qualcosa che va oltre le semplici parole, che comunque sono di affetto ed incoraggiamento, è il loro esserci, è il loro atteggiamento che non ti fa sentire “diverso”, è il loro aiuto sempre rispettoso.
Sono quelle dimostrazioni di amore fraterno che ti danno la carica per proseguire nella tua strada senza sentirti solo, quella vicinanza che rende il tuo cammino meno pesante e sempre pieno di gioia. Ecco perché non mi considero “malato” e vedo tanta strada da fare con la famiglia e con la comunità che si stringe attorno fraternamente.
Sono felice perchè la vita vissuta con la loro compagnia è degna di essere vissuta, la malattia non è altro, per me, che un “sassolino sulla strada”.
Volutamente il testo è diviso, perché ciascuno di noi vive la malattia con la propria sensibilita'.
La diagnosi della malattia di Danilo mi è stata data un giorno della Settimana Santa. Ho ripetuto centinaia di volte: “O Dio, allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua, non la mia volontà”. Facile a dirlo, mai come in quei giorni mi sentivo vicino al dolore di Gesù e sono convinta che solo Lui mi abbia aiutata a superare quel momento, altrimenti credo che non ce l’avrei fatta.
Quante volte mi sono chiesta come mi sarei comportata se avessi dovuto affrontare un grande dolore riguardante la mia famiglia, perché si fa presto a essere “buoni cristiani” quando non si è messi alla prova e tutto fila via liscio. Anch’io mi sono chiesta infinite volte: “Perché proprio a noi? Perché Dio non ci vede? Se non ci aiuta Lui, chi può aiutarci?”. A volte qualcuno, per farti coraggio, ti viene a dire che fai parte di un progetto che Dio ha per ciascuno di noi. Mi dispiace, non sono d’accordo, perché penso che Lui non voglia questo; la malattia fa parte dei processi naturali della vita, di questo cerchio di cui siamo parte, e quando ci accade qualcosa di grave sono certa che non l’ha voluta Lui.
Un giorno alla radio ho sentito questa frase: “Il dolore che provo oggi è frutto della felicità di ieri”. Queste parole le ho fatte mie e improvvisamente ho capito che quello che sto vivendo ora è relativo rispetto a questi 30 anni di gioie, di complicità, di esperienze condivise, di attese, di progetti, di speranze passate insieme ed ho pensato che, se Dio vorrà, avrò comunque tanti altri meravigliosi momenti da trascorrere con la mia famiglia continuando a fare progetti per noi ed i nostri figli, certamente con più difficoltà (perché senz’altro i problemi non mancheranno), ma sempre con l’entusiasmo e la voglia di vivere.
Quando capisci questo cominci ad apprezzare ogni singolo momento che passi con la tua famiglia, a ridere delle cose più semplici, a godere per un buon pranzo con gli amici e cogliere tante, ma veramente tante, cose che prima non scorgevi, senza pensare cosa sarà il domani, anche perché veramente non lo sappiamo, noi che vorremmo calcolare e pianificare tutto. Allora ti rendi conto che qui c’è Dio perché certamente non sarà Colui che ti fa guarire, ma sarà Chi ti darà l’opportunità di guardare sempre avanti, di avere speranza, di non mollare, di mettere al tuo fianco tantissime persone per aiutarti, per confortarti, di darti la famiglia come sostegno, insomma, senti che Dio sta camminando accanto a te in questo momento così difficile.
Danilo e Maristella