all’Incontro Mondiale delle Famiglie 2018
Disponibili in cinque lingue, sono corredate da itinerari musicali, video e clip multimediali
La gioia viene spesso intesa come il coronamento dei propri desideri, dei propri progetti, di ciò che sta più a cuore, come se fosse già scontato conoscere ciò che veramente dà felicità all’esistenza umana. La cultura attuale con la potenza dei mass-media riesce notevolmente ad inculcare nella mente e nel cuore di tutto il genere umano un modello di gioia che sembra essere valido per ogni essere umano di qualsiasi paese, tradizione ed etnia. Un esempio emblematico dei giorni nostri è il telefonino: non esiste oggi persona che non lo possieda; chi invece ancora non ce l’ha è tutto teso nel desiderio di averlo quanto prima. In altre parole, in modo alquanto subdolo ma molto efficace si prospetta un modello di uomo che se vuole essere gioioso e pienamente inserito nelle relazioni sociali con gli altri, non può fare a meno di questo strumento tecnologico. Ma è proprio vero che l’uomo conosce bene cosa lo rende veramente felice? È possibile che per avere la felicità si debba lottare e faticare tanto per raggiungere un modello di vita che, alla fine, solo pochi nel mondo riescono ad ottenere? Ancora una volta l’icona evangelica scelta come riferimento per queste catechesi offre quella luce per indirizzare la strada verso la gioia vera. La prima reazione emotiva che l’evangelista Luca racconta di Maria e Giuseppe, nel momento in cui trovano Gesù seduto nel tempio a discutere con i maestri, è quella dello stupore, e non dell’angoscia o della rabbia o di altri sentimenti negativi, che sono anch’essi giustificabili per aver provato la paura di perderlo.