Famiglie in Collaborazione Pastorale

Su proposta di alcuni laici, presbiteri e consacrati, all’inizio dell’anno 2017-18 il vescovo ha incaricato l’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia di avviare una riflessione sulla possibilità di realizzare delle forme di vita comunitaria tra persone con sensibilità vocazionali e progetti di vita differenti all’interno delle comunità parrocchiali. Anche valorizzando ambienti comunitari inutilizzati. Il progetto “Famiglie in collaborazione pastorale” è il risultato di questa riflessione, dalla quale nasce peraltro la possibilità di ridare nuova vita a edifici al momento vuoti.


Il 22 ottobre 2019, il vescovo Claudio ha reso nota la nomina di don Riccardo Comarella a incaricato diocesano per le famiglie in collaborazione pastorale.

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LA PARROCCHIA FORMATO FAMIGLIA

Famiglie in collaborazione pastorale è l’esperienza inedita che si apre in Diocesi: nuclei familiari disponibili a mettersi a servizio della parrocchia abiteranno in canonica o in altri immobili comunitari. Servizio alla parrocchia e testimonianza di vita fraterna sono i due cardini del progetto che aprirà strade completamente nuove. Il referente è lo stesso vescovo Claudio che ha creato un apposito servizio diocesano.

Suonare il campanello della canonica per “ordinare” una messa o chiedere informazioni sulla vita comunitaria e vedersi aprire da una giovane mamma, da un marito, o dal figlio adolescente che vive lì con loro. Una profezia che oggi a Padova può diventare realtà.

È di poche settimane fa l’approvazione, da parte del vescovo Claudio, del documento che traccia un’esperienza inedita per la nostra diocesi, che a breve potrebbe vedere le famiglie inserite in collaborazione pastorale nelle parrocchie della Chiesa padovana, magari quelle senza parroco residente, ma non solo. L’ufficialità è solo l’ultimo passaggio di una riflessione partita anni fa, su sollecitazione di alcuni nuclei familiari, ispirati dalla realtà delle Famiglie missionarie a km zero già molto diffuse e pienamente operative a Milano, che proprio sabato 2 e domenica 3 novembre celebrano il loro convegno annuale sulla “Chiesa che c’è – Parrocchie dal volto nuovo, esperienza di fraternità, accoglienza e annuncio”.

A servizio

Sono due i profili caratterizzanti questo nuovo cammino. Anzitutto la scelta delle famiglie di mettersi a servizio della Diocesi attraverso la loro disponibilità di collaborare alla vita pastorale di una parrocchia (che potrebbe anche essere la loro), abitando nella canonica o in un altro edificio comunitario. A questo si aggiunge la testimonianza di vita cristiana che ogni famiglia è chiamata a dare e, nel caso di più famiglie che vivano insieme, anche di fraternità e condivisione.

«La profezia contenuta in questa iniziativa e che lo stile di vita familiare, con le relazioni, le scadenze e gli impegni che lo caratterizzano, può anche essere lo stile della vita comunitaria – spiega don Silvano Trincanato, direttore dell’ufficio di pastorale della famiglia della Diocesi di Padova – Di certo, il testo approvato dalla nostra Chiesa valorizza la disponibilità delle famiglie di mettersi a servizio della pastorale». Come? Nelle modalità che andranno concordate caso per caso nella convenzione che la parrocchia e la o le famiglie andranno a stipulare. «Come sappiamo, ogni famiglia ha tempi, necessità e abitudini differenti. Allo stesso modo, parrocchie diverse sviluppano le loro iniziative in modalità peculiari, per questo bisognerà “disegnare” la collaborazione a partire dall’incontro particolare di quella precisa comunità e quella specifica famiglia».

Volano di crescita

Il fondamento dunque è la stretta relazione tra la famiglia che si rende disponibile a iniziare questo cammino e il parroco e gli organismi di comunione (consiglio pastorale e per la gestione economica) che in ogni caso tracciano la rotta della comunità. «La famiglia in collaborazione pastorale – aggiunge don Silvano – di fatto è chiamata a essere un volano di crescita per la parrocchia, a sostenerne lo sviluppo nelle modalità che la parrocchia stessa si sceglie. L’equilibrio tra i ministeri presenti all’interno della comunità non si improvvisa, ma è il frutto di un attento discernimento comunitario e di una continua verifica delle relazioni e delle iniziative».

Questi nuclei familiari potrebbero dunque facilitare il passaggio dall’attuale impostazione, in cui i membri delle comunità (e non solo) si attendono dai preti la rotta di navigazione, a una chiesa gestita più in comunione, grazie agli organismi, in cui il parroco svolge in pienezza il suo ministero accanto ai ministeri che verranno affidati ai laici.

Sintonia

«In questo tempo di trasformazione, non togliamo ai cristiani la responsabilità di prendersi cura della vita della loro comunione». Così il vescovo Claudio pochi giorni fa a Cassola rispondeva a chi gli chiedeva del calo delle ordinazioni e della possibilità di ordinare i laici, come chiesto dai vescovi amazzonici nel testo finale del Sinodo che si è chiuso il 27 ottobre. Le famiglie in collaborazione pastorale rappresentano un passaggio chiave di questa trasformazione: la realizzazione della loro missione dipende da quanto riusciranno a sviluppare i carismi presenti in parrocchia, in stretta sinergia con la diocesi.

Il discernimento e il mandato

E proprio il vescovo Claudio è il diretto referente di questa nuov esperienza di Chiesa, almeno per Padova. È lui ad aver attivato il progetto “Famiglie in collaborazione pastorale” e sarà lui a conferire il mandato quando ci saranno una parrocchia e una famiglia pronte a partire, attraverso una lettera che stabilirà nel dettaglio i compiti e gli ambiti della collaborazione pastorale. Ad affiancarlo, don Claudio ha nominato don Riccardo Comarella, che rimane anche assistente al centro di spiritualità scout di Carceri. «Il compito che mi è stato affidato – riflette don Riccardo – è nello stesso momento esplorativo e creativo. Aperta questa strada, si tratta di comprendere se oggi lo Spirito soffia per noi in questa direzione, attendiamo di vedere se ci sono oggi famiglie che hanno colto questo tipo di chiamata e sono disponibili a rispondere. A quel punto inizierà un profondo discernimento per comprendere se davvero c’è la possibilità e la capacità di essere a servizio di una parrocchia senza svilire il proprio essere famiglia, che è la missione principale».

Di fatto, lo schema pastorale “parroco-consiglio pastorale-comunità” con la collaborazione delle famiglie verrebbe aggiornato, per questo a don Riccardo spetterà anche il compito di ascoltare i parroci e accompagnare la riflessione delle comunità coinvolte nel progetto. «Sono agli inizi di questa esperienza, ma mi è chiaro come il fulcro siano le dinamiche relazionali che si creeranno: è necessario che ci sia equilibrio tra la vita della famiglia, la comunità, il parroco ed eventuali comunità religiose presenti».

Una rete tra famiglie

Con la partenza del progetto, nasce anche il Servizio diocesano di coordinamento delle famiglie in collaborazione pastorale, che ha il compito di suscitare la disponibilità a collaborare da parte delle famiglie, ma anche di generare un legame con altre realtà già presenti a Padova, per lo più legate a ordini o comunità religiose: si tratta di Malbes, nella canonica del Bassanello, dove due famiglie e due religiose si rifanno alla spiritualità comboniana; della comunità Evangelii Gaudium di Calaone, che conta una famiglia e due religiose che abitano insieme la canonica; e della famiglie e del sacerdote della Comunità di sant’Egidio che presto andranno a vivere nella canonica dell’Immacolata a Padova.

Luca Bortoli

(Da La Difesa del popolo del 3 novembre 2019)

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