Sotto il melograno: “Chissà se abbiamo fatto la cosa giusta ad adottare Jackson. A distanza di anni, io e mia moglie ci chiediamo sempre più spesso se sia proprio questo il suo bene o se non fosse meglio aver cercato un modo perché lui potesse stare nella sua terra, in Brasile e non essere trapiantato qui da noi”. Non sono parole leggere queste che hanno condiviso Roberto e Mariagrazia durante l’ultimo incontro tra famiglie affidatarie e adottive promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia. In questo momento vivono una profonda difficoltà con il proprio figlio, accolto con entusiasmo e tanto affetto sin da quando aveva tre anni. Ora ne ha sedici ed emergono con forza tante fatiche tipiche dell’adolescenza, ma anche del tutto uniche, legate alla storia personale, alla situazione familiare che si è lasciato alle spalle e agli anni passati nella comunità che lo ha accolto prima dell’adozione. Come tante altre coppie di genitori adottivi, anche loro sperimentano la crisi di fronte al rifiuto, talvolta urlato sbattendo la porta, altre con silenzi e bronci, nei loro confronti e nei confronti della realtà in cui vivono.