“Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto”, ci ha scritto papa Francesco nell’Esortazione sulla chiamata alla santità oggi (Gaudete et exultate, 6), tanto da dirci che vi è una “santità della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio” (GE, 7). Ma cos’è che rende santa una famiglia, cos’è che la rende riflesso della presenza del Signore dentro alla società, nella comunità cristiana, sul pianerottolo di casa? Ci sono vecchi e nuove immagini caricaturali, mi pare, che potrebbero allontanarci da questa possibilità. “Siamo una famiglia semplice, non facciamo cose particolari in parrocchia” diceva una coppia presentandosi in un gruppo poche settimane fa, come se chi partecipa a delle attività parrocchiali o ha degli incarichi nella comunità fosse migliore degli altri e la famiglia non fosse già nella sua ordinaria quotidianità una via per rispondere alla chiamata di Dio. “Come famiglia abbiamo fallito”, diceva un’altra coppia: “nessuno dei nostri figli viene in chiesa alla domenica”, come se la santità fosse soltanto delle famiglie che si presentano “apposto” e tutti vivono alla lettera gli insegnamenti della Chiesa. “I nostri genitori sì che erano bravi: di fronte alle fatiche non si sono lasciati, ma hanno stretto i denti e sono arrivati celebrare i 60 anni di Matrimonio”, come se la fede andasse portata avanti solo a colpi di volontà e di tenacia.
Vivere la santità è un dono dato a tutti, possibile ad ogni persona e in ogni contesto familiare, non per una propria bravura, ma grazie allo Spirito che Dio ha riversato in tutti i cuori e che “ognuno per la sua via” (Lumen gentium, 11) è chiamato ad accogliere e vivere, per “crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto” (EG, 13). La santità non è una meta, ma una quotidiana ricerca di compiere la volontà del Signore nel proprio qui e ora, nella situazione in cui ci si trova, addentrandosi sempre di più nel grande progetto di Dio per la propria vita e per quella delle persone che ci sono affidate. Vivere la santità, anche per una famiglia ha a che fare con il discernimento, soprattutto quello del quotidiano, cercando di leggere ogni fatto concreto con gli occhi del Vangelo, così da scoprirvi la volontà di Dio e il bene che lui chiama a realizzare. Ogni giorno, come sposi e genitori, come figli, come credenti ognuno di noi è chiamato a rispondere alla chiamata del Signore ad amare ed è nell’ascolto sincero, nell’essere attenti verso gli appelli che vengono da dentro e fuori casa, nella preghiera e nella frequentazione della Scrittura che possiamo trovare luce e forza per il cammino.
Saranno frutto del discernimento, allora, anche delle scelte particolari, quali l’impegno in parrocchia o nella società, così pure l’educare alla fede i propri figli, l’aprire le porte di casa a un ragazzo in affido o il prendersi cura di un famigliare gravemente ammalato, ma come risposta ad una domanda coltivata nel cuore e fatta diventare preghiera: «Qual è il bene che in questa situazione la nostra famiglia è chiamata a vivere?». Da questa domanda potranno nascere anche le cinque caratteristiche che papa Francesco ha indicato a tutti, anche alle famiglie, per vivere la santità: la pazienza e costanza nel bene (GE 112 e 121), la gioia e il sano senso dell’umorismo (GE 122 e 126), l’audacia, l’entusiasmo e il fervore apostolico (GE 129), il cammino fatto insieme, “a due a due” (GE 141) e, infine, la preghiera costante e la lettura orante della parola di Dio (GE 147).