Nella mia esperienza di parroco ho potuto incontrare diverse famiglie adottive. Con sorpresa, giorno dopo giorno, i primi mesi del mio servizio sono stati segnati dall’incontro con ciascuna di esse, alcune con un’esperienza di lunga data e altre agli inizi. Ne è nata una grande simpatia e riconoscenza, che tuttora mi accompagna. Ciascuna di queste famiglie è stata un dono prezioso che ha arricchito l’esperienza mia e della comunità. La loro presenza racconta l’amore gratuito, la generatività che va oltre la carne, la possibilità di allargare i muri del cuore e di aprire le porte all’altro. La loro esperienza, mi appare molto vicina a quella del mio celibato, a questo modo di amare che rende ulteriormente prezioso il mio ministero: mi dice che è possibile voler bene all’altro in modo libero e generoso, nella disponibilità a lasciarsi sorprendere dalla sua vita.
Nei mesi scorsi un’inchiesta di Reggio Emilia ha portato alla cronaca un presunto traffico di affidi illegali di minori che sarebbero stati strappati con l’inganno alle loro famiglie d’origine a scopo di lucro. Come in altre occasioni, la vicenda ha coperto di un velo di sospetto ogni altra esperienza di accoglienza. Mi è dispiaciuto molto questa lettura parziale. Ancora una volta il pensiero partitico ha prevalso sulle persone e su tante storie famigliari ricche di generosità e di impegno, di sincera tenerezza e accoglienza. Certamente, come in ogni altra realtà umana, non tutti gli affidi e le adozioni avvengono in trasparenza e vera bontà. Esperienze come queste, inoltre, mettono a dura prova la vita di coppia e famigliare, provocando a volte tensioni e conflitti che non sempre si sviluppano in modo costruttivo. Nel frattempo, però, vi sono tantissime altre coppie che, grazie al loro cammino umano e di fede, si interrogano su come amare, su come donare ad altri l’amore ricevuto, su come essere testimoni dell’amore stesso di Gesù che ha dato tutto sé stesso e approdano al percorso per l’affido o l’adozione mettendoci del proprio, investendo tempo, affetti e non poche risorse economiche per discernere queste possibilità. La vicenda di Bibbiano non può gettare ombra sulla famiglia di Paola e Marco che da più di un anno hanno accolto in affido, fino a quando sarà necessario, il bambino di una coppia di parenti non ancora capaci di capirsi e di badare a sé stessi. Non può nemmeno infangare l’esperienza di Ilario e Cinzia che, dopo aver già avuto un figlio naturale, hanno scelto di adottare due fratelli e ora che sono adolescenti stanno affrontando delle grosse fatiche educative.
Alcuni genitori adottivi si chiedono, quando si presentano delle difficoltà, se l’adozione del proprio figlio sia la scelta più giusta, un modo per amarlo davvero, di voler bene a lui o non piuttosto una forma di egoismo, una pretesa a tutti i costi di voler fare del bene, di mettersi alla prova, di provocare la Provvidenza. Si chiedono se avrebbero potuto voler bene al proprio figlio adottivo senza strapparlo dalla propria storia e dal proprio contesto, senza entrare nella sua vita. Domande come queste sono espressione di cuori in difficoltà, ma anche sinceri, generosi, desiderosi di amare non per il bene che vogliono ma per quello che scoprono essere il vero delle persone che incontrano. Personalmente non mi sono mai permesso di dare una risposta a queste domande, neppure quando mi è stato chiesto. L’unico suggerimento che mi sono permesso di dare è stato quello di partire dalla situazione reale, dal volto concreto di quel ragazzo o di quella ragazza che è figlio fino in fondo e che chiede solo di essere accolto, per ritrovare le proprie radici e orientarsi con fiducia nella vita anche insieme a loro.
C’è un legame che il Signore ci ha regalato e rende stupenda la nostra vita, ma anche carica di promessa la famiglia che si apre all’affido o all’adozione. La Parola di Gesù ha il potere di renderci fratelli, sorelle, padre e madre non soltanto delle persone con cui abbiamo un legame di sangue, ma con tante altre, le persone con cui viviamo in comunità, gli amici, uomini e donne vicini o lontani, simili o molto diversi da noi, genitori di figli nati da un rapporto d’amore e padri e madri anche di figli che la storia ci ha consegnato. Questa Parola, che chiama ad amare, ad allargare la casa a tanti, a scegliere per primi gli ultimi, ha la forza di renderci generativi in tanti modi, anche accogliendo altri figli e cercando con loro la risposta alle grandi domande: Chi sono? Da dove vengo? Quale il mio futuro?