raccolta poetica votata al concorso Faraexcelsior 2018 ispirata alla testimonianza di Maria Cristina Cella Mocellin
Prefazione di Gianni Criveller
Qualche anno fa ho letto Cara Cristina, un bel libro di Alberto Zaniboni (San Paolo 2009) sulla breve vita di Maria Cristina Cella Mocellin, nata a Cinisello Balsamo (Mi), sposata con Carlo di Carpanè (Vi), mamma di tre bambini, morta di tumore a soli 26 anni. La scelta di Cristina di non accettare cure che mettessero in pericolo il bambino che aveva in grembo, il suo terzo figlio, tocca emozioni profonde. Zaniboni aveva scelto di narrare senza enfasi, tenendo bene in mente che stava scrivendo di una ragazza normale, sua compagna di scuola. Apprezzai che Zaniboni si fosse tenuto lontano dal sensazionalismo e dal patetico, come invece accade in altri scritti, assai inadeguati, su Cristina. Dopo qualche anno, con commozione, ritrovo Cristina tra le letture della mia vita, grazie a questa bellissima opera poetica di Adalgisa Zanotto. Mi ha colpito che Adalgisa abbia raccontato la storia di Cristina con un modulo espressivo antiretorico, dimesso, quasi reticente. Mi sembra l’unico stile adeguato a narrare una persona speciale e una vicenda tanto luminosa di suo, senza bisogno di altri riflettori. La vicenda di Cristina, così delicata, intima, fatta di un’eloquenza sommessa e chiarissima, merita toni misurati, un linguaggio lieve, che si esprime come una sottrazione. Solo così l’attenzione rimane su Cristina, e non su chi ne scrive, magari per innalzarla ad esempio. La vicenda di Cristina non è un terreno per riflessioni religiose, politiche, morali o esemplari. E’ una storia da contemplare con rispetto, rinunciando a parole eccessive e inadeguate. Di certe cose, scriveva Etty Hillesum, non si può parlare se non si è poeti. E’ vero. La poesia, con il suo linguaggio che oltrepassa confini, può dire l’inesprimibile. La poesia migliore è antiretorica, la poesia di Adalgisa è segnata profondamente dalla semplicità e dall’immediatezza, dall’aderenza alla vita. I suoi versi sono frequentati da immagini in presa diretta dalla natura e dal corpo. Chi è cresciuto nella natura è familiare con la linea che unisce natura e corpo. I giochi dei bambini sono fatti di movimenti del corpo, di fisicità, di danze e salti. Corpo e natura si conoscono, si parlanoe si capiscono. E nel corpo primeggia l’utero, inizio e culla della vita. Protagonista di D’ora in poi, opera di una donna dedicata a una donna, è il ventre, il grembo, l’utero, la pancia. E’ lì il cuore della vita, del suo mistero, delle relazioni, dell’amore che che dà gusto e senso ai nostri pochi o tanti giorni. L’utero ha un suo codice interiore – che ci sembra sia la stessa legge che regge tutto – Cristina e Adalgisa custodiscono con amore e per amore. L’opera è molto bella, sentita, intensa e breve, come lo fu la vita di Cristina, Cristina e le pagine di Adalgisa rimangono attaccate alle pareti del cuore.
Non ho altro da aggiungere, se non anticipare – a mo’ di invito alla lettura – alcuni versi che ho trovato particolarmente luminosi.
Potresti arrivare al cuore
dove danzano tutte le cose che abbiamo amato.
So che danzano.
Lo so, quando saranno liberate le forze
e avremo superato il confine
ci ricorderemo
ci riporteremo alle cose del cuore.
So che danzano.
(…)
poi penso che in quel cielo
non sono mai stata
_ ma non puoi scegliere il tuo grembo d’azzurro
Piccola grande creatura _
allora m’accorgo di quanta moltitudine
sceglie il mio niente
neanche dio può darti
quanto io posso darti piccolo grande unico fiore
(…)
per amore. Non ci sono altri motivi.
Per l’amore che muove il sole e l’acqua.
Per amare tenacemente un figlio.
Si fa per amore. Una gioia segreta
(misteriosamente reale