Una sovrapposizione tra carattere catecumenale del percorso per fidanzati e carattere proprio del matrimonio può creare qualche problema e qualche confusione.
Riguardo al documento Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale abbiamo già messo in luce alcune buone prospettive e alcuni nodi problematici.
Vorremmo ora soffermarci su un punto decisivo che ci pare possa generare un equivoco di fondo, ossia il ‘carattere catecumenale’ del percorso proposto. Il quadro di riferimento, infatti, è quello dell’iniziazione cristiana: «il catecumenato […] può ispirare in ogni epoca nuovi cammini di rinnovamento della fede» (5), per «avere un incontro con Cristo, o ad approfondire questo rapporto» (6), «Il Rituale di iniziazione cristiana per gli adulti può costituire un quadro di riferimento generale a cui ispirarsi. Sarà particolarmente importante dare rilievo a ciò che precede e segue il catecumenato (rispettivamente prima evangelizzazione e mistagogia); fare in modo che i passaggi da un tempo all’altro siano segnati da un discernimento, da simboli e riti (ove non sconsigliabile per ragioni culturali); che vi sia una chiara connessione tra gli altri sacramenti (Battesimo, Eucaristia, Confermazione) e il Matrimonio. Tutto ciò, tenendo conto che la pedagogia della fede implica l’incontro personale con Cristo, la conversione del cuore e della vita pratica e l’esperienza dello Spirito nella comunione ecclesiale» (19).
Tre riflessioni sembrano inevitabili. La prima: questa impostazione ipotizza che l’incontro e la conversione del cuore possano avvenire, o riattivarsi, attraverso un cammino “precostituito”, tutto interno alla comunità di fede. Si ipotizza, quindi, che uno spazio reale condiviso (la comunità di fede) e un tempo vissuto in modo progettuale (cioè come sequenze connesse tra loro e non solo attimi presenti che si susseguono) siano ancora condizioni percepite come “sensate” ed “efficaci” dall’uomo di oggi.
Purtroppo non è così. In generale, oggi le relazioni che permettono alle persone di sentirsi “appartenenti” a qualcun altro nella vita reale sono poche e molto deboli, e sempre più spesso, invece, sono vissute nello spazio virtuale della rete. Così per il tempo: oggi i percorsi, soprattutto se già prefigurati a priori, non sono percepiti come capaci di produrre “cambiamenti” nella persona. Il tempo che vale, che incide sui vissuti è quello reale, del presente, dell’evento, dell’incontro nel qui e ora, che non richiede progettualità. Perciò davvero dovremmo chiederci se la forma “catecumenale”, così come presentata dal documento, abbia una possibilità ancora di essere efficace.
La seconda: si corre il rischio di confondere i piani; da una parte si sente la necessità di un nuovo annuncio dei fondamenti della fede cristiana, dando ad esso un carattere catecumenale che tende a ‘ripetere’ il percorso di iniziazione cristiana, in quanto si rivolge a fedeli già battezzati, mentre dall’altra si pensa a una vocazione e a uno stato di vita specifico, ossia quello matrimoniale, e si rischia di perdere i suoi caratteri specifici, quali ad esempio quello relazionale, esistenziale, giuridico. La fede è molto importante, ma non è l’unica delle componenti del matrimonio cristiano.
Peraltro questa confusione manifesta, da un punto di vista pastorale, l’inefficacia dell’iniziazione cristiana dei ragazzi, se si dichiara, esplicitamente, che le persone vanno nuovamente accompagnate alla riscoperta dei sacramenti dell’iniziazione stessa. Nella grande maggioranza dei casi, la fase «precatecumenale» ipotizzata dal documento, coinciderebbe con la stessa fase catecumenale della persona che, dopo il Battesimo da infante, in parallelo grossomodo all’iter scolastico, procede nella propria formazione arrivando ai sacramenti della Confermazione, dell’Eucarestia, della Riconciliazione: insomma, qualcosa non sembra armonizzato.
Allora, forse, bisognerebbe osare due declinazioni differenti: da una parte rivedere in modo radicale l’iniziazione cristiana e il cammino del catecumenato; dall’altra pensare a percorsi di avvicinamento al sacramento del matrimonio che tengano conto dell’integralità della persona umana, di un “umanesimo integrale” evangelizzato ed evangelizzatore, rispettoso di tutte le componenti in gioco, calato nella realtà di oggi, con i giovani di oggi, con linguaggi e proposte comprensibili, capace di cogliere il quid proprio del sacramento.
La terza considerazione: sembra davvero che si “usi” il sacramento in modo forse strumentale: poiché il singolo battezzato non ha curato una vita di fede, si ‘sfrutta’ l’occasione del matrimonio. Il che non sarebbe errato di per sé, poiché la richiesta di matrimonio cristiano può essere un momento buono per rievangelizzare la vita, ma senza ipotizzare che il percorso proposto debba per forza riattivare la fede. Il problema è ipotizzare che una attività umana (il percorso catecumenale) sia in grado di “produrre” o “riprodurre” la fede. La fede è dono di Dio, non può essere costruita dall’attività umana. Se per un certo tempo abbiamo potuto dire sensatamente “la Chiesa fonda la fede”, era perché la fede era percepita come quadro di riferimento socio-culturale di fondo a cui tutti sentivano di non potersi sottrarre (il famoso “non possiamo non dirci cristiani” di B. Croce).
Ma oggi non è più così. Oggi vale solo il suo contrario: la fede fonda la Chiesa. E se nella pastorale ordinaria si spendono tante energie e tempo per l’iniziazione cristiana, quasi andando ad assorbire l’intera opera educativa delle comunità, dovendo poi costatare spesso come la cresima sia il sacramento del “ciao ciao”, forse dovremmo avere più chiaro che non sono certo i nostri sforzi umani a generare o ri-generare la fede.
Insomma si corre il rischio di perdere di vista lo specifico, la bellezza, la ricchezza di ogni fase e forma della vita; si può dimenticare che Cristo ha una Parola per ogni età e cultura; che non esistono privilegiate fasi cronologiche obbligate a priori, o cammini precodificati per la sequela. Non dimentichiamo che lo Spirito opera misteriosamente anche dove non ci si aspetterebbe. Dunque una parola per ogni fase di vita non può semplicemente ridursi a una parola in funzione di uno stato di vita.
È la relazione con Cristo, vissuta realmente nella persona, che crea la fede; e da essa il battesimo ci fa discepoli, e diviene «il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito («vitae spiritualis ianua»), e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti» (CCC 1213). Utilizzare strumentalmente un sacramento per rifondare il battesimo non ha significato.
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