Ci sono frasi che rappresentano dei veri e propri “luoghi comuni” molto pericolosi per la buona riuscita di un matrimonio. La prima è questa: se mi ami davvero, “devi amarmi per quello che sono”. Malgrado l’apparente innocuità di questa affermazione, si tratta in realtà di una frase molto ambigua: che significa infatti amare qualcuno per quello che è? Troppo spesso dimentichiamo che per essere amati è necessario anche essere delle persone “amabili”, capaci cioè di farsi amare. A prima vista questa affermazione può sembrare contraddittoria: l’amore non è dunque gratuità? Non devo forse aspettarmi di piacere “naturalmente” a chi dice di volermi bene, a chi si è innamorato di me e mi ha scelto? E se l’altro non si sente più spontaneamente attratto da me, non è questo un segno chiaro
che non mi ama più?
Il fatto è che una parte di noi, nel pensare all’amore, fa riferimento solo al modello relazionale primario, il rapporto tra la madre e il suo bambino: un amore che non pone condizioni, che non ha bisogno di essere meritato, ma che origina semplicemente dal nostro esserci. All’inizio di una relazione, l’innamoramento ci riporta molto vicino a questa esperienza e sembra prometterne l’adempimento: l’innamoramento allenta i confini tra l’uno e l’altra, ci fa sentire reciprocamente speciali, enfatizza gli aspetti positivi e minimizza quelli meno soddisfacenti. Nello stesso tempo, il desiderio di essere amati ci guida a comportarci in modo che l’altro possa a sua volta innamorarsi: vogliamo essere visti e apprezzati, e questo ci stimola ad apparire per quanto possibile come persone belle e interessanti; malgrado i nostri difetti, la percezione dello sguardo dell’altro sostiene la nostra capacità di dare il meglio.
La quotidianità della vita mette alla prova questo modo di stare in relazione, perché vivendo insieme siamo costantemente l’uno sotto le sguardo dell’altra, ma non abbiamo più la stessa consapevolezza di questa realtà. È facile dimenticare che chi ci vede nelle condizioni più diverse non può evitare di reagire spontaneamente a ciò che percepisce: può trovarci gradevoli, ma può anche venire infastidito o irritato, anche se questo non significa che non ci ama più.
Se l’amore può essere continuamente e volontariamente alimentato per diventare sempre più forte, l’innamoramento è una reazione all’altro che esula dalla volontà ed è perciò un dono bellissimo e fragile, che dobbiamo saper custodire. Senza neppure rendercene conto, possiamo “disamorare” l’altro a causa della nostra trascuratezza. Troppi matrimoni purtroppo si inaridiscono per colpa dell’incuria e talvolta persino della maleducazione, perché i coniugi hanno interpretato la frase “essere amato per quello che sono” come una licenza a lasciarsi andare, e a non vigilare più su se stessi per incoraggiare l’amore dell’altro.
Dobbiamo dunque continuare a coltivare senza stancarci la bella persona che possiamo essere: persone belle dentro e belle fuori, non solo per gli estranei ma anche e soprattutto per chi ci ha scelto e condivide la sua vita con noi. Essere a proprio agio e liberi in casa propria non va mai confuso con il diventare sciatti o trascurati. Ma è importante anche continuare ad arricchire e approfondire la nostra personalità e a sviluppare le nostre doti, perché essere una persona interessante non ha solo una funzione narcisistica, ma è, al contrario, il modo migliore per facilitare da parte dell’altro un amore “innamorato”.
che non mi ama più?
Il fatto è che una parte di noi, nel pensare all’amore, fa riferimento solo al modello relazionale primario, il rapporto tra la madre e il suo bambino: un amore che non pone condizioni, che non ha bisogno di essere meritato, ma che origina semplicemente dal nostro esserci. All’inizio di una relazione, l’innamoramento ci riporta molto vicino a questa esperienza e sembra prometterne l’adempimento: l’innamoramento allenta i confini tra l’uno e l’altra, ci fa sentire reciprocamente speciali, enfatizza gli aspetti positivi e minimizza quelli meno soddisfacenti. Nello stesso tempo, il desiderio di essere amati ci guida a comportarci in modo che l’altro possa a sua volta innamorarsi: vogliamo essere visti e apprezzati, e questo ci stimola ad apparire per quanto possibile come persone belle e interessanti; malgrado i nostri difetti, la percezione dello sguardo dell’altro sostiene la nostra capacità di dare il meglio.
La quotidianità della vita mette alla prova questo modo di stare in relazione, perché vivendo insieme siamo costantemente l’uno sotto le sguardo dell’altra, ma non abbiamo più la stessa consapevolezza di questa realtà. È facile dimenticare che chi ci vede nelle condizioni più diverse non può evitare di reagire spontaneamente a ciò che percepisce: può trovarci gradevoli, ma può anche venire infastidito o irritato, anche se questo non significa che non ci ama più.
Se l’amore può essere continuamente e volontariamente alimentato per diventare sempre più forte, l’innamoramento è una reazione all’altro che esula dalla volontà ed è perciò un dono bellissimo e fragile, che dobbiamo saper custodire. Senza neppure rendercene conto, possiamo “disamorare” l’altro a causa della nostra trascuratezza. Troppi matrimoni purtroppo si inaridiscono per colpa dell’incuria e talvolta persino della maleducazione, perché i coniugi hanno interpretato la frase “essere amato per quello che sono” come una licenza a lasciarsi andare, e a non vigilare più su se stessi per incoraggiare l’amore dell’altro.
Dobbiamo dunque continuare a coltivare senza stancarci la bella persona che possiamo essere: persone belle dentro e belle fuori, non solo per gli estranei ma anche e soprattutto per chi ci ha scelto e condivide la sua vita con noi. Essere a proprio agio e liberi in casa propria non va mai confuso con il diventare sciatti o trascurati. Ma è importante anche continuare ad arricchire e approfondire la nostra personalità e a sviluppare le nostre doti, perché essere una persona interessante non ha solo una funzione narcisistica, ma è, al contrario, il modo migliore per facilitare da parte dell’altro un amore “innamorato”.
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