Tornare in cerca dell’ “ESSENZIALE” servizio che i cattolici devono fare

di Gerolamo Fazzini da Avvenire mercoledì 19 giugno 2024

Parola desueta nella società dell’opulenza e della distrazione

C’è una domanda che attraversa questo nostro tempo. Non si staglia imperiosa, abbagliante, come durante il Medioevo. Non appare in manifesti a caratteri cubitali sui muri delle città. Abita, piuttosto, nel segreto dei cuori. E riaffiora, in maniera carsica, quando meno te l’aspetti, in situazioni e contesti imprevedibili. Cosa davvero è essenziale? Viviamo in un tempo nel quale ci siamo abituati ad affidare ai motori di ricerca i più disparati interrogativi. La domanda, però, rimane. Bruciante e ineludibile. Cosa è realmente essenziale?

A giugno si è tenuto a Milano il Wired Next Fest, promosso da una delle più note riviste che si occupano di tecnologia. Il tema scelto: “Essenziale”. Nella seconda metà di agosto decine di migliaia di persone si ritroveranno al Meeting di Rimini convocate da un interrogativo: «Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?». Sarà un caso, ma due iniziative con pubblici radicalmente diversi si misurano, seppur in modo abissalmente diverso, con quel medesimo aggettivo: “essenziale”. Una parola che rimanda a ciò che conta davvero, a quel che rimane quando tutto passa, a ciò che va considerato decisivo. Per la vita, per la storia.

Mi colpisce pensare che già nel 2013 il cantante Marco Mengoni s’imponeva all’attenzione del pubblico con un bellissimo pezzo, nel cui titolo risuonava quell’aggettivo così apparentemente fuori moda. «Mentre il mondo cade a pezzi/Mi allontano dagli eccessi e dalle cattive abitudini/Tornerò all’origine/E torno a te, che sei per me l’essenziale». Tornare all’origine, allontanarsi dagli eccessi, ritrovare l’essenziale.

È il filo rosso di un libro pubblicato lo scorso anno, L’essenziale. Globalizzazione della chiacchiera e resistenza della cultura. Già è stato presentato su queste pagine, anche perché gli autori sono due nomi familiari ai lettori: Roberto Righetto è stato per lunghi anni il responsabile delle pagine culturali di questo giornale, mentre il filosofo Silvano Petrosino è uno degli intellettuali cattolici più in vista. In quell’agile e acuto pamphlet, viene denunciato l’allarmante scarto fra l’eccedenza di informazioni e immagini che, ogni giorno, si diffonde senza sosta in tutto il mondo, e la difficoltà di ritracciare, nel mare magnum delle chiacchiere, ciò che, invece, merita di essere considerato cultura, ciò che conta davvero. L’essenziale, appunto. Due anni prima, nell’ottobre del 2021 – sarà un caso anche questo o non, piuttosto, un altro indizio rivelatore? – arrivava sul mercato editoriale italiano una rivista nuova, gemella di “Internazionale”, che in testata portava quella medesima parola coraggiosa: “L’essenziale”. L’ambizione? Indicare le poche cose importanti, relativamente alle vicende italiane. L’esperimento è durato meno di un anno ed ora è rimasta solo la versione on line; tuttavia, anche in questo caso, il ricorso al termine “essenziale” mi pare un segnale da cogliere.

Idem dicasi per la scelta di Giovanni Floris, che ha adottato L’essenziale come titolo di un libro, uscito nel 2023, nel quale ha radunato «gli appunti di un lettore avventuroso». Floris rilegge il suo percorso culturale e ripensa alle sue molteplici letture, per concludere che «quel che fanno i classici è renderci la vita insieme più intensa e più semplice, insegnandoci senza averne l’aria lezioni importantissime». Mi intriga l’abbinamento semplice intenso. A ben pensarci, è quello che i nutrizionisti suggeriscono: mangiare meno, ma meglio. Semplificare, togliere, per dare valore.

Anche la mente chiede una severa dieta. Ogni giorno siamo bombardati da messaggi che pretendono di meritare un bene effimero e prezioso quant’altri mai: la nostra attenzione. Eppure, arrivati a sera, quanto tempo sprecato per rincorrere notizie futili, dichiarazione effimere di politici, inviti a consumare i più improbabili (e superflui) prodotti, e via di questo passo.

Se pure fatichiamo ad ammetterlo, è proprio oggi, nel tempo della massima abbondanza – è in questo tempo che sentiamo, più forte che mai, l’urgenza di scoprire (o ri-scoprire) quel che conta veramente nella vita.

Le guerre in corso anche a questo ci richiamano, con tutta la ruvidità del frastuono delle armi e del sangue che scorre: per cosa vale la pena mettere in gioco la vita? Perché esporsi al rischio di essere uccisi, quando attaccati, se non per difendere ciò che di più caro abbiamo? «La ricerca di una felicità vera e duratura non può accontentarsi di illusioni ed utopie: le costruzioni artificiose di apparenze inconsistenti, infatti, non reggono alla radicalità di questa ricerca», scrivono i promotori del Meeting a commento del tema scelto per l’edizione 2024.

Torniamo all’essenziale, dunque. Ma «l’essenziale è invisibile agli occhi», come recita Il Piccolo Principe. In un tempo come il nostro, al contrario, l’apparenza vince spesso sulla sostanza. Merita ricordarci ogni giorno, invece, che esistono il necessario e il superfluo, l’essenziale e il banale, l’effimero e l’eterno… «L’essenziale è invisibile agli occhi». Riuscissimo anche soltanto a tener desta tale consapevolezza in noi e a insinuare, con dolcezza, questo tarlo nella mentalità di oggi, credo che, come cattolici, renderemmo un servizio culturale preziosissimo alle donne e agli uomini di oggi.

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