Riflessioni sul cambiamento: gli adolescenti fluidi

di Chiara Baietto da Costruire in due Torino n°2/3

L’adolescenza è l’età del cambiamento, fase destabilizzante sia per chi la vive in prima persona, sia per l’adulto che la osserva e vorrebbe capire.

Tutti sappiamo, anche per esperienza personale, che come l’adolescenza sia un periodo della vita difficoltoso e pieno di turbolenze, finalizzato ad un cambiamento che rappresenta un aspetto universale e costante della crescita in tutte le epoche ed in tutte le culture; “le novità” che i giovani portano, infatti, sono un elemento di continuità, un filo conduttore della nostra storia. Ogni generazione, inoltre, pur affermando la propria diversità da quella precedente, ha bisogno di essere sostenuta da quella, e anche questo rappresenta un aspetto di continuità.

L’adolescente è chiamato ad affrontare compiti evolutivi specifici, necessari per la costruzione della sua identità personale, separandosi e differenziandosi dalle sue figure di riferimento e deve accettare il cambiamento del corpo, che assume caratteristiche sessuate.

Si tratta di processi complessi, resi possibili dalla progressiva maturazione del cervello, che, in questo periodo della vita, sotto la spinta degli ormoni sessuali, progredisce rapidamente ma che si concluderà solo nella prima età adulta. Le emozioni ed i sentimenti, aspetti della vita psichica che ci consentono di dare la coloritura emotiva agli eventi della vita, si presentano in modo più prepotente, con maggior intensità ed urgenza; questa è una conseguenza della fisiologia condizione di relativo squilibrio tra il lobo limbico, area del cervello deputata agli aspetti emozionali, che matura più precocemente, ed il lobo frontale, deputato all’elaborazione di quelli nazionali e normativi, che è soggetto ad una maturazione più tardiva.

In adolescenza si è quindi più creativi, fantasiosi, idealisti, appassionati, ma anche più impulsivi, soggetti a sbalzi di umore, incostanti; si dà meno importanza alle conseguenze, soprattutto a quelle a lungo termine, a cui si potrebbe andare incontro facendo determinate scelte, su cui talvolta non si è in grado, da soli, di pensare sufficientemente a lungo.

Perché l’adolescente possa proseguire nel suo percorso di crescita ha bisogno dell’aiuto di adulti competenti, cioè capaci di sostare nell’incertezza  che l’adolescente sperimenta, sostenere la capacità di riflettere sull’esperienza e mantenere viva la speranza che una soluzione sarà trovata.

Se ripensiamo a noi stessi a quell’età, ricordiamo come alcune, tra le persone adulte di riferimento, ci siano state emotivamente vicine e ci abbiano fatto sperimentare la sensazione di essere “accompagnati”. Questa percezione è stata preziosa, ci ha aiutato a divenire via via più fiduciosi in noi stessi e più capaci di affrontare le difficoltà ed evoca in noi gratitudine.

Compito evolutivo specifico dell’adolescenza è anche la progressiva strutturazione dell’identità sessuale, con la definizione dell’identità di genere (percezione interiore di appartenenza ad un genere), della presentazione di genere (quello che si ritiene appropriato per un uomo/per una donna) e dell’orientamento sessuale.

In questo ambito i nuovi adolescenti esprimono un cambiamento di portata molto vasta, con un forte aumento di coloro che dichiarano di non appartenere al genere loro assegnato alla nascita.

Questa percezione viene definita con il termine “Varianza di Genere”.

Alcuni sentono di identificarsi con il genere opposto e desiderano modificare il corpo in relazione all’identità di genere che percepiscono, altri non si identificano in modo netto nel genere maschile e femminile e si collocano al di fuori del binarismo maschio-femmina percependo un’identità più sfumata, con caratteristiche intermedie, oppure cangiante a seconda dei periodi, fluida.

I dati della letteratura parlano di un numero elevato di ragazzi che sperimentano la Varianza di Genere, con percentuali variabili, a seconda degli studi, che vanno dal 2,5%  all’8,4%.

All’interno di questo gruppo gli adolescenti fluidi rappresentano attualmente il 15%, il numero sembra destinato a crescere e sono più frequentemente persone che sono state assegnate al sesso femminile alla nascita a sperimentare una condizione di fluidità:

Le identità di genere non binarie ed in particolare la fluidità rappresentano aspetti della percezione identitaria che sono emersi nell’epoca contemporanea.

Non si tratta, probabilmente, di un fenomeno davvero nuovo né di un reale aumento di numerosità, dato che è un aspetto presente sin dall’antichità in altre culture, ma di espressioni dell’identità che non potevano trovare ascolto nel precedente periodo della nostra storia.

Per comprendere adeguatamente questi aspetti è quindi necessario riflettere sui cambiamenti socio-culturali che caratterizzano la nostra epoca.

Da sempre le generazioni che ci susseguono si confrontano con il cambiamento di prospettiva a riguardo dei vari aspetti della sessualità, pensiamo ad esempio a come è mutato il modo di concepire l’orientamento omosessuale che, in ambito medico, era un tempo considerato un aspetto patologico del funzionamento psichico per poi essere riconosciuto come una normale variante della sessualità umana.

Ogni nuova generazione di adolescenti si pone in un atteggiamento nuovo, talora difficile da comprendere/accettare dai padri e dalle madri sentono contestati aspetti valoriali che hanno considerato fondanti, immutabili ed universali.

Se poi analizziamo l’evoluzione storica delle differenze tra uomo e donna e il significato che attribuiamo ad esse, focalizzandoci sulla presentazione di genere, ci accorgiamo come i comportamenti che riteniamo appropriati per ciascun sesso siano molto meno connotati rispetto al passato e siano tutt’ora in evoluzione le caratteristiche che differenziano ciò che è tipicamente femminile da ciò che è maschile.

Se proviamo a riflettere su come noi, adulti di oggi, “interpretiamo” il nostro sentirci donne e uomini, ci accorgiamo che lo facciamo in modo assai differente delle nostre nonne e dai nostri nonni, i ruoli di genere sono più sfumati ed in parte più “intercambiabili”, anche se ci sentiamo a nostro agio nel genere in cui siamo nati. Sappiamo da tempo che la nostra mente è in grado di esprimere funzioni materne e paterne ed è un modo di dire antico, nelle situazioni in cui manca un genitore, che l’altro ha fatto “da padre e da madre”. E’ inoltre osservazione comune, anche nel passato, come, in alcune coppie di genitori, i ruoli più tradizionalmente paterni vengono svolti dalle madri e viceversa.

Nella nostra epoca, in seguito ai mutamenti sociali e culturali che hanno portato ad una maggiore parità di diritti tra i generi, l’educazione che diamo ai bambini è divenuta più paritaria, senza evidenti differenze a seconda che si tratti di un maschio o di una femmina.

Per esemplificare questo mutamento dei costumi, basta pensare a come, adesso, nessuno o veramente molto pochi di noi augurerebbe agli sposi di avere “figli maschi”, e a come la nascita di una figlia non rappresenti più, per la maggior parte dei genitori, “un po’ una delusione”.

Nessuno di uno, o molto pochi, nella società occidentale attuale, affermerebbe che le donne non sono adatte a svolgere professioni intellettuali o che non è consono, per un uomo, occuparsi di un neonato. Eppure, questa visione dei ruoli di genere era la norma nel passato, considerata come ovvia conseguenza di una differenza biologica tra i sessi e quindi di una “legge naturale”.

L’esperienza ci insegna quindi che una costante, anche in questo ambito, è proprio il cambiamento, la comparsa di una nuova prospettiva, che ci chiama  ad interrogarci, a riflettere sul significato ed a fermarci ad ascoltare ciò che i ragazzi hanno da dirci, con disponibilità a pensare insieme a loro.

L’ascolto da parte dei genitori ed il dialogo aperto con gli adulti di riferimento sono strumenti potenti per salvaguardare il benessere psicologico di chi sta crescendo.

Sappiamo che lo sviluppo dell’identità di genere è influenzato da vari fattori: genetici, ormonali, relazionali, sociali e che le traiettorie lungo cui si realizza sono la conseguenza dell’impasto, a livello individuale, di moltissimi aspetti e che “il come ci si sente” è qualcosa che deve essere rispettato e compreso, non giudicato o contestato.

Quando i ragazzi ci parlano di aspetti così intimi e profondi, dobbiamo accoglierli.

Talvolta è difficile, almeno all’inizio, comprendere come l’adolescente si senta; si può ipotizzare che si tratti di un momento di confusione, legato alla straordinaria complessità della strutturazione identitaria, di una battuta di arresto nel processo di crescita, oppure che la varianza di genere rappresenterà un aspetto persistente.

Il tempo e la progressiva esplorazione degli aspetti identitari, del loro significato, aiuteranno a dipanare i dubbi, ma quello che sappiamo con certezza è che non dobbiamo lasciare l’adolescente solo nella sua ricerca.

Non si tratta di ragionare in termini di “giusto o sbagliato”: le categorie di giudizio riguardano i comportamenti ma non ci aiutano a comprendere l’unicità delle persone.

In situazioni di giudizio, quando si percepisce di non  essere adeguati alle aspettative delle persone care, si può cercare di conformarsi alle richieste sociali, ai desideri delle famiglie, ed è quello che alcuni ragazzi, più di frequente in passato, hanno cercato di fare, ma non è possibile modificare quello che si è intimamente, ed è doloroso percepirsi “sbagliati o deludenti”.

La varianza di genere, di per sé, rappresenta un fattore di rischio importante per lo sviluppo di sofferenze psicologiche, in particolare la depressione ed anche l’ideazione suicida, ma il pericolo è maggiore se l’identità è fluida.

Tutti gli adolescenti con varianza di genere debbono affrontare, rispetto ai ragazzi la cui identità è concordante con il sesso assegnato alla nascita, una maggiore complessità nei processi di crescita, debbono rinegoziare relazioni e rapporti, si affermano affrontando difficoltà più grandi e si sentono spesso molto soli. Tra di essi, quelli con identità fluida si trovano in una situazione ancor più problematica e sperimentano una maggior solitudine in quanto sono più spesso isolati dai coetanei e considerati più frequentemente quantomeno “stravaganti” dagli adulti di riferimento.

La fluidità, anche quando “sbandierata” in modo spavaldo e provocatorio, rappresenta una condizione esistenziale molto difficile che comporta, per chi la sperimenta, una più grande probabilità, rispetto alle forme di varianza di genere di tipo binario, di essere più gravemente emarginato, di subire atti di bullismo e di non essere compreso dalle famiglie. E’ esperienza comune per questi ragazzi non essere presi sul serio, non essere creduti, venire presi in giro.

Molte persone, infatti, si domandano come sia possibile non sentirsi stabilmente né uomo né donna, percepire un’identità che cambia e tendono a non dare credito a queste affermazioni, comportandosi come se non le avessero neanche realmente ascoltate.

Si tratta in effetti di una condizione nuova, difficile da capire.

L’interpretazione dell’identità di genere come di un continuum tra mascolinità e femminilità, che ne rappresentano i due poli estremi, è una acquisizione piuttosto recente, non ancora ampiamente diffusa a livello sociale.

Molti si interrogano anche sul suo manifestarsi, ed immaginano che possa essere conseguenza di un “contagio sociale” legato all’uso dei social, così diffuso nei nuovi adolescenti.

In alcuni casi l’influenza delle storie raccontate culle chat può incidere soprattutto su quei ragazzi che faticano a tollerare il disagio della crescita e sentono che l’identità fluida potrebbe spiegare il loro stare male; in altri casi, invece, potrebbe anche essere semplicemente la maggio possibilità di disvelarsi, legata alla civiltà moderna, di situazioni sempre esistite.

Che si tratti di una evenienza o dell’altra, potrebbe essere un’opportunità da non perdere, per la comunità educante, condividere con i ragazzi quanto viene raccontato sui social, per favorire la riflessione e la capacità di giudizio critico, così come è una buona prassi, a livello soprattutto scolastico, promuovere l’inclusione di tutti i soggetti e la percezione della diversità come di una ricchezza per il gruppo. In effetti la cooperatività favorirebbe il benessere di tutti.

Sappiamo dalla letteratura internazionale come il rischio per la salute psicologica degli adolescenti sia fortemente incrementato dall’esclusione dal gruppo dei coetanei, dal subire atti di bullismo e soprattutto dalla mancanza di una famiglia che accolga e comprenda.

Per contro, il supporto della famiglia e della comunità educante. Il sentimento di appartenenza ad un gruppo di pari sono fattori protettivi di grande impatto.

L’esperienza clinica fa ritenere che la maggior parte delle situazioni di identità fluida evolvono con il tempo verso una condizione di maggiore stabilità, anche se questo non è vero in tutti i casi.

Quello che appare invece piuttosto sicuro è che accompagnare questo percorso in modo tollerante, partecipe, rispettoso è il miglior modo di favorire una buona crescita.

 

Chiara Baietto  Neuropsichiatra infantile esperta in sessuologia clinica

di C. BAIETTO Riflessioni sul cambiamento gli adolescenti fluidi

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