Tra adulti nella fede può nascere un’amicizia che porta all’incontro, al confronto, alla collaborazione per far crescere il bene.
Non è sempre immediata la relazione tra il prete e gli adulti che vivono l’esperienza della famiglia. A volte si viaggia tra mondi separati, coltivando immaginari non sempre corretti gli uni degli altri, se non anche pregiudizi che impediscono un confronto sincero. Eppure, dovrebbe essere normale l’incontro tra queste due vocazioni diverse. Il prete ha alle spalle un’esperienza di famiglia e il suo servizio è per le famiglie che gli sono affidate. La famiglia può trovare nel prete la persona che a tempo pieno la porta nel cuore nel nome del Signore, il compagno di viaggio di tanti momenti semplici o impegnativi della propria vita. Tra adulti nella fede, con vocazioni diverse, può nascere una vera e propria amicizia, ma anche la semplice e necessaria stima reciproca che porta all’incontro, al confronto, alla collaborazione per far crescere il bene.
Preti e famiglie possono imparare a coltivare relazioni sincere e gratuite, anzitutto per il solo gusto di vivere la fraternità. Il parroco non è il burocrate che deve produrre documenti o servizi, una macchina che va avanti sempre senza sosta, ma una persona che possiamo salutare con calma e con cui dialogare, un chiamato che può regalarci la sua esperienza di fede, un uomo chiamato ad avere un cuore largo e a custodirlo perché possa essere per tanti. Così anche gli adulti della comunità, le famiglie della parrocchia non sono i destinatari del servizio del parroco, un gruppo generico da guardare dalla sede durante le celebrazioni, il bacino da cui trovare manovalanza, ma uomini e donne con una propria storia, un vissuto personale, una vita spesa tra gioie e fatiche, impegni e responsabilità e tanti imprevisti.
Le famiglie e i preti possono condividere la gioia di servire la vita, di accompagnare la crescita dei figli, di introdurli nel mistero dell’esistenza. È proprio di ciascuno il compito di introdurre alla vita e alla fede i più giovani, di accompagnarli nella scoperta e accoglienza della propria vocazione. Quanta fatica a farsi attenti al futuro dei figli, preoccupati come siamo di noi stessi, convinti di sapere già qual sia il loro bene, a volte addirittura poco interessati al loro domani e preoccupati soprattutto del momento presente. Insieme, invece, possiamo dare tempo e ascolto ai giovani, in un’alleanza che non teme di lasciar spazio all’altro, alla sua parola, alla sua testimonianza.
La vita del prete e quella delle famiglie sono toccate dalla fragilità. Tutti sperimentiamo i limiti del carattere, le ferite degli errori, il dolore dei conflitti e le sofferenze delle infedeltà. Talvolta ci scandalizziamo gli uni degli altri, come se noi fossimo i forti e perfetti e gli altri i deboli e inesperti. Perché non guardarci, piuttosto, con occhio puro, privo di giudizio, accompagnandoci reciprocamente con la preghiera e il sostegno, consapevoli che portiamo tutti un tesoro in vasi fragili? Perché non starci accanto con umanità evangelica, riconoscendoci per quello che siamo, fragili creature, ma amabili e capaci di amare e ridarci sempre nuove occasioni per imparare a vivere?