Rowan Williams: usiamo questa crisi per costruire una società più giusta

da Avvenire del 20 gennaio 2021 intervista di Silvia Guzzetti Londra

Quando l’enciclica “Fratelli tutti” è stata pubblicata Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury dal 2002 al 2012, era alle prese con un trasloco importante. Andato in pensione come preside del Magdalene college di Cambridge ha anche deciso di ritirarsi dalla Camera dei Lord ed è rientrato a Cardiff, in Galles, dove è nato. «Non vedevo l’ora che l’enciclica venisse pubblicata – racconta –. La aspettavo e l’ho letta subito, in un giorno, molto velocemente. Poi l’ho riletta una seconda volta, scegliendo alcuni punti che mi sembravanointeressanti». La descrive come una «visione politica globale notevole»,rafforzata dall’«approccio molto personale» del Papa e da un linguaggio accessibile e entusiasmante. «Mi sarebbe piaciuto qualcosa di più sulla teologia del corpo di Cristo e anche sui giovani e l’ambiente e le donne ma soltanto perché sono argomenti che mi interessano personalmente. Non si tratta di mancanze».

Papa Francesco scrive che il Covid ci ha insegnato che non ci si salva da soli. Eppure, se possibile, le differenze sembrano essersi accentuate.

Penso che nel Regno Unito, dove abito e che conosco meglio, molti vogliano non solo non ritornare a dove eravamo prima della crisi ma anche usare questa opportunità per costruire una società più giusta. La maggior parte dei cittadini britannici, secondo i sondaggi, chiede di avviare politiche più responsabili verso l’ambiente e una migliore protezione per anziani vulnerabili, una categoria alla quale papa Francesco dedica molta attenzione. Il problema è tradurre queste opinioni in un programma politico. Per adesso a livello nazionale, qui da noi, non vedo nessun segno che questo stia accadendo ma vedo molta energia a livello locale, di base, nella società civile, proprio come auspica “Fratelli tutti”.

Nell’enciclica c’è un forte richiamo all’importanza della politica alta, che non si piega alla finanza e all’efficientismo. Da dove partire per cambiare rotta?

Penso che cominciamo a capire davvero che cosa sia la democrazia quando capiamo come arrivare a conclusioni e soluzioni che siano sostenibili per tutta la comunità. Impariamo questo nelle cooperative e nelle forme più semplici di politica locale. Così è meno probabile che cadiamo vittime di quella che il Papa chiama la cultura di distruzione dei nostri oppositori, un veleno della politica dei nostri giorni.

Un altro aspetto significativo dell’enciclica riguarda il superamento del concetto di “guerra giusta”. Che cosa ne pensa?

Penso che questa sia una delle sezioni più importanti dell’enciclica e sono molto grato al Papa per il messaggio che ci dà. Ci dice che è virtualmente impossibile, nel contesto attuale, immaginare qualunque conflitto che risponda ai criteri della guerra giusta come descritta nella teologia classica. Quel concetto è stato superato per sempre e non può essere applicato alle nuove guerre di oggi.

Che cosa fare per evitare che la religione rimanga confinata nel privato e che non sia ai margini della società? La religione guida ancora la scelta delle persone?

La formazione religiosa guida le priorità morali delle persone e la loro visione del mondo più di quanto molti promotoridella secolarizzazione vorrebbero e, per questo motivo, è importante dare alla Chiesa una voce nello spazio pubblico. Non dobbiamo, però cercare potere ma visibilità anche se è importante che non veniamo esclusi soltanto perché non usiamo codici astratti, universali e secolarizzati. Come Chiese, oggi, non abbiamo più l’influenza, nella sfera pubblica, che avevamo in passato e dobbiamo guadagnarci il diritto di venire ascoltati. Dobbiamo lavorare più duramente per farci sentire. È un lavoro che ci arricchisce perché ci rende più raffinati nella nostra capacità di promuovere il nostro punto di vista. Quando papa Francesco dice che si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà dichiara l’intenzione di trovare un modo di comunicare che possa essere condiviso anche da coloro che non si impegnano a credere nella Trinità e nell’incarnazione di Cristo. Ammiro profondamente questo atteggiamento e lo ritengo uno dei risultati più importanti di questa enciclica. Nello stesso tempo, però, in diversi passaggi, il Papa sottolinea i fondamenti eterni della nostra fede cristiana, contro il relativismo, nello spirito di papa Benedetto e dice che, senza il nostro radicamento in queste verità eterne, non può esserci vero dialogo politico e incontro con gli altri.

Nell’enciclica papa Francesco parla di una “società fraterna”. Quali caratteristiche deve avere secondo lei?

È una società nella quale, proprio come dice il Papa, capiamo meglio come funziona la democrazia e comprendiamo che è qualcosa di variegato che esiste a livello locale e nazionale in forme diverse. Di conseguenza diventiamo meno messianici nelle nostre aspettative nei confronti dei leader politici. In questo momento scegliamo i nostri leader quasi si trattasse di una competizione tra modelle o calciatori famosi. Vorrei uno stile più modesto e pratico che non dia per scontato che il mio oppositore non stia soltanto sbagliando ma sia anche cattivo e pericoloso. Papa Francesco, con l’espressione “pedagogia mafiosa”, identica una tendenza preoccupante della politica globale degli ultimi dieci anni a promettere protezione e generare dipendenza promettendo in cambio l’eliminazione di tutti i nemici.

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L’ex primate anglicano commenta l’enciclica “Fratelli tutti”: è importante che la Chiesa abbia voce nello spazio pubblico, ma senza radicamento nelle verità della nostra fede non può esserci vero dialogo politico e incontro con gli altri «Oggi scegliamo i leader quasi si trattasse di una competizione tra modelle o calciatori famosi. Vorrei uno stile più modesto e pratico che non dia per scontato che il mio oppositore non sta soltanto sbagliando ma è anche cattivo e pericoloso»

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