3/ Il segreto degli ammassi globulari le stelle che tanto ci assomigliano

di Luca Peyron da Avvenire venerdì 25 luglio 2025

Le aggregazioni di astri che non sembrano casuali, ma come gli esseri umani posti per essere in relazione gli uni con gli altri

Sono i veri «monumenti» dell’universo, una apparente follia gravitazionale, dove regna un ordine antico

Nel cuore di Dio tutto ha un senso, un posto, una vocazione. Hanno un nome i soli che bruciano nel cosmo e noi esseri umani a Sua immagine

Salmo 146,4: “ Egli conta il numero delle stelle, e chiama ciascuna per nome”. In quell’infinità stellata che sovrasta da millenni le notti immobili dell’uomo, tra le costellazioni e le galassie che si srotolano come velluti lacerati, esistono delle aggregazioni di stelle così dense, così austere e primitive, che sembrano portare con sé il ricordo remoto del primo respiro dell’universo. In un cielo notturno limpido, lontano dal chiarore delle luci urbane, spuntano come batuffoli di cotone, globi di luce diffusa che gli astronomi chiamano ammassi globulari. Non sono soltanto delle raccolte di stelle, come quelle che a occhio nudo si scorgono talvolta nei cieli limpidi d’estate, ma piuttosto arcaici diademi della materia, costruiti secondo leggi inflessibili, con geometrie che talora sfidano la nostra capacità di comprendere e calcolare, sfere quasi perfette costituite da centinaia di migliaia, talvolta milioni di soli, tutti stipati in un volume relativamente piccolo ma in un ordine così serrato che ogni singola stella sembra essere stata collocata là da una volontà misteriosa e severa. I l nostro stesso cielo, il firmamento in cui galleggia la Via Lattea, ne ospita più di 150, e si sospetta che il numero reale possa essere più alto, celato oltre le nubi oscure del bulbo galattico. Gli ammassi globulari orbitano attorno al nucleo galattico con ferrea disciplina, a migliaia di anni luce di distanza dal disco dove brillano le stelle giovani. Si tratta di oggetti antichissimi, reliquie di un’epoca cosmica in cui l’universo era giovane e agitato, e la materia si stava ancora organizzando secondo le sue leggi primordiali. Le età misurate per questi ammassi, ci parlano di 12, 13, perfino 13,5 miliardi di anni. Praticamente coevi al Big Bang. Uno degli esempi più noti e studiati è l’ammasso di Messier 13, nel cuore della costellazione di Ercole, che risplende come una gemma opaca nel buio della volta celeste: contiene oltre 300.000 stelle e dista da noi circa 25.000 anni luce.

La densità centrale può superare le migliaia di stelle per anno luce cubico, tanto che, se la Terra si fosse trovata là, il cielo notturno sarebbe perennemente inondato di luce stellare, ogni angolo occupato da bagliori. La fisica che governa questi oggetti è al tempo stesso rigorosa e terribile: l’equilibrio tra la pressione di radiazione delle stelle e l’attrazione gravitazionale di milioni di masse solari crea una struttura che resiste al tempo. Ma la loro esistenza è un equilibrio dinamico, non una statua immobile: le stelle all’interno dell’ammasso si muovono in orbite complesse, soggette a incontri ravvicinati, scambi gravitazionali, fusioni e a volte espulsioni. Si è osservato che la cosiddetta “segregazione di massa” tende a spingere le stelle più massicce verso il centro dell’ammasso, mentre quelle più leggere migrano verso l’esterno, in un processo lento e inesorabile che richiama l’ordine naturale delle cose, come i detriti più pesanti che si depositano sul fondo di un lago. È qui che talvolta si formano oggetti esotici, come le stelle azzurre vaganti – le blue stragglers – che sembrano più giovani delle loro compagne, forse nate dalla fusione di due astri più vecchi in seguito a collisioni stellari. La chimica degli ammassi globulari è un’altra pagina scolpita nella pietra del tempo.

 Le stelle che li compongono sono povere di metalli – nella lingua dell’astronomia, “metalli” significa qualsiasi elemento più pesante dell’elio – e ciò indica che si formarono quando ancora l’universo non aveva avuto tempo di arricchirsi con i prodotti della nucleosintesi stellare. Alcuni ammassi mostrano però una curiosa molteplicità chimica, come se vi fossero al loro interno diverse popolazioni stellari, nate in tempi differenti o a seguito di processi non ancora del tutto compresi. Questo ha scosso l’antica idea che gli ammassi globulari fossero esempi di popolazioni stellari singole e omogenee. D al punto di vista dinamico, gli ammassi globulari costituiscono laboratori naturali per la meccanica celeste. Il loro studio ha consentito di comprendere meglio le interazioni gravitazionali in sistemi a molti corpi, uno dei problemi più complessi della fisica teorica. Inoltre, la distribuzione e il moto degli ammassi attorno alle galassie ospiti offrono indicazioni preziose sulla forma e sull’estensione dell’alone di materia oscura che circonda la nostra galassia. Gli astronomi, tracciando le orbite degli ammassi, riescono a mappare la distribuzione della massa invisibile che, pur non emettendo luce, domina la gravità su scale galattiche. Dal punto di vista storico, la scoperta e lo studio degli ammassi globulari hanno seguito un cammino tortuoso. Edmond Halley, nel 1714, notò la presenza di un oggetto luminoso nella costellazione del Centauro – oggi noto come Omega Centauri – senza sapere che si trattava di un ammasso globulare. Fu Charles Messier, nel XVIII secolo, a includere diversi di questi oggetti nel suo catalogo, interessato com’era a evitare che fossero scambiati per comete. Ma fu William Herschel, con i suoi potenti telescopi, a risolverli in stelle individuali, riconoscendone la vera natura.

Oggi sappiamo che essi non sono peculiari solo della nostra galassia: le grandi galassie come Andromeda ne posseggono centinaia, e le galassie ellittiche giganti, come M87 nel cuore dell’ammasso della Vergine, ne ospitano migliaia, segno che questi oggetti sono elementi fondamentali della costruzione delle strutture cosmiche. Se uno potesse, con la fantasia, avvicinarsi a uno di questi ammassi, resterebbe abbagliato da un panorama dove ogni punto del cielo è un sole, dove la notte non esiste, dove le distanze tra stelle sono così piccole che i sistemi planetari come il nostro avrebbero difficoltà a sopravvivere. Eppure, in questa apparente follia gravitazionale, regna un ordine antico, un’armonia invisibile che sfida la solitudine dello spazio. Gli ammassi globulari sono monumenti dell’universo, vestigia di un’epoca che nessun essere umano ha potuto vedere, ma che con i nostri strumenti — telescopi, modelli, equazioni — possiamo appena intravedere, come attraverso la nebbia di un sogno. Essi ci ricordano, con la loro bellezza silenziosa, che l’universo è vasto, in gran parte inaccessibile, ma non per questo privo di senso o di poesia. In questa presenza silenziosa v’è un’eco di infinito, un’eco che ricorda la promessa dell’eternità. E poi una storia antica, antichissima che ci precede, riportandoci al gioco della Sapienza che guizza sulle acque ai primordi del tutto. L’ammasso globulare ci ricorda che nel cuore di Dio tutto ha un senso, un posto, una vocazione. Hanno un nome i soli che bruciano nel cosmo ed a maggior ragione noi esseri umani che siamo a Sua immagine e somiglianza. In un ammasso globulare una stella in più o in meno non si noterebbe, eppure come ricorda il salmo da cui siamo partiti, essa è nota, scelta, voluta. Come più di una stella ogni vita umana, la tua vita umana. Nessuno di noi è semplice caso, incidente di percorso, occorrenza chimica. Siamo diamanti di un unico diadema, voluti, amati, salvati. E non più soli. Non siamo gli uni posti a casaccio accanto agli altri, ma come le stelle in un ammasso globulare, voluti per essere relazione gli uni con gli altri. Testimoni di un eterno che si fa tempo in noi e con noi. Un eterno relazionale, che emetta luce, calore, amore. La prossima settimana continueremo il nostro viaggio, per ora, in alto il cuore.

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